lunedì 7 ottobre 2013

RELAZIONI PERSONALI

Sono tornata!
Al mio computer, che aveva deciso di avere un esaurimento nervoso due settimane prima di tornare a casa, è stato cambiato il cervello ed ora è tornato perché io possa continuare la mia esperienza bloggistica.
Si ma... che ci torno a fare dopo eoni su questo blog? Oramai sono tornata in patria da due mesi passati, quindi a che pro continuare a cianciare, ora, sopra affari riguardanti le simpatiche abitudini nipponiche? 
Beh, perché si. 
Quindi di cosa andremo a parlare oggi? 

Di "DETO" (con allungamento sulla E).

E cosa sono i queste cose? Si mangiano? Sono degli strani dolcetti al gusto sakuraetéverde? No, i DETO sono gli appuntamenti. Fin qui non ci sarebbe nulla di strano se non fosse che per i nipponici il concetto di appuntamento è qualcosa di quantomai bizzarro. 
Dalle accurate indagini svolte da me e le mie (ex) colleghe di dormitorio, nonché grazie all'apporto di fraintendimenti imbarazzanti davvero accaduti, siamo arrivate ad evincere la logica secondo cui i giovini di quelle lande pare si conoscano e mettano insieme fino al passo non troppo lontano dello sposalizio:

-La prima e fondamentale regola dei DETO è: se un ragazzo e una ragazza sono insieme e sono soli, allora è sicuramente un DETO.

Ne deriva che se per caso stai andando a fare la spesa e per caso incontri il maschio X (e tu sei la femmina Y) e vi avviate tranquillamente insieme fino al centro commerciale, siete magicamente finiti in un DETO.
Se dopo una lunga debacle sullo scendere o meno in mensa a mangiare la granita finisce che solo tu, Y, insieme al compagno X ne avete voglia e quindi scendete a prenderla insieme e vi fermate insieme a mangiarla chiacchierando per cinque minuti, anche quello è un DETO.
Un DETO è andare insieme a fare una passeggiata, è raggiungere insieme il luogo dove si trova il resto della compagnia, è prendere un caffè insieme nella cucina del dormitorio, è stare seduti insieme su una panchina, è avviarsi insieme verso la palestra, è qualsiasi cosa comporti la presenza di un maschio e una femmina nello stesso luogo nello stesso momento in assenza di altre persone. 

Possiamo anche pensare che sia divertente che vengano fatte queste supposizioni ma lo è meno quando, ad esempio, un occidentale X e un giapponese J si trovano a rimanere soli per qualche genere di motivo. A quel punto c'è l'altissimo rischio che il giapponese J creda di essere dentro un DETO, il che ci porta alla seconda regola fondamentale:

-SE UN RAGAZZO E UNA RAGAZZA HANNO UN DETO, ALLORA SIGNIFICA CHE STANNO INSIEME.

Come detto sopra, il vostro amico o la vostra amica nipponica potrebbero erroneamente credere che, vista la circostanza, voi due stiate insieme. Il che può generare un'infinita serie di situazioni imbarazzanti da cui, a meno che anche nell'occidentale X non si crei dell'interesse, vorrete fuggine in ogni modo ma senza riuscirci.
Quindi è meglio assicurarsi di viaggiare sempre in numero dispari o sproporzionato rispetto all'uno o all'altro sesso. Un gruppo di quattro individui in cui compaiono due uomini e due donne è SICURAMENTE un'uscita a quattro.

Trovo intrigante pensare a quanta semplicità irrori questo ragionamento: se due si piacciono e si sono messi insieme allora escono insieme, altrimenti no.
Come dargli torto! Perché uscire svariate volti con un tizio semi sconosciuto (a cui si è arrivate tramite l'intercessione di una lunga catena di amici di amici di amici) quando si può semplicemente chiedere al suddetto tizio "Ti piaccio?", al che lui risponderà "Si, mi piaci" e da lì in poi sarete una coppietta felice?
Questo ci porta alla terza regola:

-SE UN RAGAZZO E UNA RAGAZZA SI PIACCIONO STANNO INSIEME.

Conciso, lineare. Se io, ad esempio uscendo con la mia compagnia di amici adocchio qualcuno che mi interessa, mi basta studiarlo un paio di volte, parlare con lui/lei ed infine accertarmi se gli/le piaccio oppure no, se la risposta è si allora si sta insieme.

Io ho una seria difficoltà a credere ad una cosa simile ma sembra succeda davvero, sentendo le testimonianze.

Le tre regole sopra citate sono corredate da tutta una serie di fantastici corollari, immancabili conseguenze di questo strano genere di approccio.
Per quanto mi riguarda coloro che pensano in questa maniera sono soggetti a prendere ripetute stangate sui denti.
Senza contare il fatto che molti fanciulli e fanciulle finiscono per avere un ragazzo/a solo e soltanto "per sport", come si dice qui. 

Una menzione speciale deve andare ai luoghi classici per i DETO:
Andiamo dai "love spot" tipo le rive di un laghetto, un parchetto, un ponte, qualsiasi genere di cosa in odore di bucolicità, passando per i ristorantini, caffè, karaoke, manga caffè e quant'altro fino ad arrivare all'appuntamento in sala giochi con contorno di purikura (e tra parentesi: gli uomini da soli non possono entrare nel locale purikura! Devono sempre essere accompagnati da una ragazza).

Sicuramente ho dimenticato di citare qualcosa, ma forse no, ma forse non importa. 

Fatto sta che se camminando per strada in Giappone vi imbattete in due personaggi che, sebbene vadano evidentemente nella stessa direzione, camminano a trenta centimetri di distanza e non si parlano, probabilmente vi siete imbattuti in un DETO. Se vedete due ragazzi di sesso opposto seduti ai capi opposti di una panchina nel parco intenti a mangiare ognuno dalla propria "bento box" senza alzare gli occhi dal riso, anche quello probabilmente è un DETO. Se vi fermate accaldati in una piazza alberata di Ikebukuro e vedete seduti  sotto l'albero adiacente (a distanza di sicurezza uno dall'altra, ovviamente) un fanciullo ed una fanciulla che, molestati dai piccioni affamati, si scambiano ogni tanto un sorrisino timido (ma mai una parola) mentre lui lancia pezzi nobili del cibo che possiede agli ignobili volatili attirandone a stormi interi, quello è un DETO.

Insomma, tutto è di una allegria contagiosa.

Peace.

martedì 9 luglio 2013

Ed ecco che vi aggiorno nuovamente sulla vita nel paese dove il sol levante ha deciso che ci vuole tutti bolliti a fuoco lento; che è anche il paese dove le persone sono piccole ma gli insetti sono grandissimi (e per la cronaca, due nuove specie si sono unite all’allegra famiglia che abita il dormitorio: api giganti e scarabei -che sono quelli verde iridescente- grossi come una pallina da pingpong).
Parlando per un attimo del caldo: ragazzi, qui si muore. Avete presente le “allerta caldo” in Italia? Probabilmente da noi, per qualcosa del genere, si parlerebbe di imminente estinzione della specie. 37 gradi con umidità tra il 50 e il 60%. E oggi butta bene, c’è un po’ di vento.
Ma arriviamo al dunque della questione.
Siccome fa un caldo infernale noi si cerca di scoprirsi il più possibile, indossando indumenti larghi, leggeri e pantaloni o gonne corte, scarpe aperte e via dicendo. Però per gli indigeni sembra non funzionare così. Mi accingo quindi a fare una review dei capi di vestiario più deliziosamente giappici e del modo in cui essi vengono utilizzati:

GONNE A PIEGHE

Probabilmente la gonna a pieghe è stata inventata in Giappone e se non è così, poco importa. Qui non una fanciulla sembra essere sprovvista di relativa gonna a pieghette, munita di sottogonna in pizzo o meno. Sembrano essere un capo evergreen e per tutte le stagioni, infatti quando a Marzo siamo giunti in questa landa estranea e faceva un sacco freddo, le ragazze sfoggiavano tutte le loro gambine andandosene in giro con questi tutù succinti senza portare le calze, incuranti del gelo. Penserei che sia un’innata abilità delle donne di qui se non fosse che al primo raggio di sole sono comparsi i…

LEGGINGS NERI DA CAVALLERIZZA

Ebbene si. Proprio quelli, avete capito bene. Dunque, avete presente che una volta, tanto tempo fa, si riteneva l’abbronzatura una cosa da contadini mentre il pallore qualcosa da grandi signori? Qui ancora lo pensano. La pelle pallida piace e le fanciulline sono delicate e quindi cercano di coprirsi. E per farlo si infagottano dentro a dei leggings neri tipo cavallerizza, di quelli che girano sotto il tallone, che portano poi con i sandali aperti. Ora, io sono abbastanza liberale per quanto riguarda il modo di vestire … però certe cose sono davvero inguardabili.
Questo argomento mi ricollega a…

LE CROCS

Vi ricordate le simpatiche ciabattone di gomma colorata che hanno spopolato per un’estate da noi? Adesso sono sparite, nascoste in molti dei nostri sgabuzzini. Qui no, qui le portano tutti, belli e brutti. Ci sono anche i negozi dedicati. E ho detto tutto.

I SANDALI e/o LE SCARPE COL TACCO

Parliamo ora di scarpe.

Generalmente un paio di scarpe si acquista della propria misura o al massimo un po’ più piccolo, se proprio non si può aspettare per avere quel paio di calzature. Qui invece non credo sia così. Qui le ragazze arrancano sopra zeppe più alte di loro e di qualche numero più grandi, i loro piccoli piedi scivolano fuori dalle scarpe costringendole a camminare in un modo assolutamente ridicolo e scomodo; ma va bene così, mi dicono, quella camminata tutta storta, arrancante è kawaii tanto quanto quella con i piedi rivolti verso l’interno, come i bambini.
Un appunto: questo discorso vale per qualsiasi genere di scarpe. Camminano così anche con le ballerine o quelle orride, passatemi il termine, scarpine dal mezzo tacco. Quelle per le signore di una certa età.

VESTITI LUNGHI

I giapponesi sono risaputamente corti, bassi, tappi. E le giapponesi pure e peggio. Un’altra cosa risaputa è che le persone basse, in teoria, non dovrebbero mettere lunghi abiti di modo da evitare di sembrare Maggie Simpson. Peggio ancora se questi abiti sono degli abiti a tubo, delle enormi felpe informi lunghe fino ai piedi che non starebbero bene neppure ad una modella alta due metri. Oppure, al posto delle tuniche, gli abiti premaman dai colori pastello che fanno sembrare le ragazze dei tendoni da circo ambulanti, dei lampadari con le gambe, delle meduse di pizzo.
Un appunto: faccio rientrare nella categoria anche le camicione azzurrine, bianchine, gialline millemila taglie più grandi della propria.

LE MOLLETTE

Per chi ha una certa cultura di manga e anime questo particolare non risulterà nuovo. Tra i neri capelli degli indigeni si vedono spesso mollettine colorate di varie forme e colori che spesso vanno tutte insieme ad appesantire il ciuffo piastrato e laccato in complicati disegni geometrici. E questo vale per maschi e femmine.

LA BORSA DA DONNA

Ebbene, qui gli uomini portano le borse da donna. E non intendo borse che potrebbero essere sia da uomo che donna: intendo proprio borse da donna, palesemente da donna.

Anche questo pensano sia kawaii.

IL BASIC

Non esiste. E se esiste una linea basic è dedicata alle nonne.
Il resto deve avere una fantasia dal floreale in su.

GLI OMBRELLI

Ho già parlato dell’allergia alla luce che affligge le fanciulle? Ecco, per ovviare il problema si muniscono di ombrelli. Anche quando il sole non c’è.

LE CALZE TRASPARENTI COI TATUAGGI

Non so se esistano anche da noi ma qui spopolano le calze trasparenti con sopra dei disegni in nero che da lontano sembrano essere tatuaggi. Non so abbiano inventato questa cosa perché avere un tatuaggio, qui, ti etichetta immediatamente come uno yakuza poco di buono, e quindi è meglio averne uno finto. Ma penso di si.

LE MANICHE DA TELEGRAFISTA

O almeno mi pare che fossero da telegrafista. Avete presente i vecchi signori che nei western vestono delle maniche supplementari sopra la camicia per non sporcarla (credo, almeno; le mie informazioni a riguardo sono poche)? Le mettono anche qui, per proteggere le bianche braccine dai cattivi raggi UV. Per chi si preoccupa di più per la propria pelle esistono quelle con il guanto incorporato, così da non ustionare nemmeno il dorso della mano.

IL CARDIGAN
Immaginate di arrancare lungo una salita in una giornata così umida e calda che pare di respirare acqua. Siete in procinto di liquefarvi. Fatto? Ora nella vostra visione fate comparire una ragazza con un vestito così brutto che sfida le leggi della decenza e sopra a quel vestito un cardigan. UN CARDIGAN! A LUGLIO!!! CON 37 MALEDETTISSIMI GRADI E IL 60% DI UMIDITÀ. Vi viene da chiedervi se non vi stia per caso prendendo in giro.

La presenza dei cardigan a luglio credo sia la prova che il Giappone è il paese della prevenzione; presumo che quegli esseri indossino il cardigan solo perché dentro gli edifici fa un freddo porco. E non perché soffrono di serie turbe mentali.

LA TUTA DA GINNASTICA…CON I TACCHI

Il titolo dice tutto.

I CALZINI DA BIMBA

Sicuramente vi sarà capitato di vedere un manga, un disegno qualunque, raffigurante una bambolina kawaii con le scarpine e i calzettini pieni di pizzi, fiocchi e merletti. Li indossano sul serio. Ma intendiamoci, sarebbero anche carini, quei calzettini, se fossero indossati con le scarpe giuste, o almeno del colore giusto. Ma non è così. Mai.
E per ultima cosa mi pongo una domanda: come abbinano tutto questo?
La risposta è: non lo fanno. Se nel loro armadio vedono tre capi di abbigliamento che desiderano indossare, beh, lo fanno. Chi se ne importa se i tre capi sono una gonna nera a pallini beige lunga alle ginocchia, una maglia a fiori con inserti animalier e la felpa stinta del fratello maggiore.  Il tutto accompagnato da calzini di pizzo rosa e sandali con tacco 12 di pelle nera borchiata. Mi tolgo il cappello di fronte a tanto coraggio.


Termino questo post  con una dichiarazione di pace. È certo, sacrosanto, il diritto di tutti di vestire come meglio si crede. Però certe volte l’occhio non ha proprio la sua parte. 

じゃね~

sabato 22 giugno 2013

Dopo la simpatica serata di ieri e dopo un interessante suggerimento di un'amica, che per rispetto della privacy chiameremo Matilda, ho deciso di scrivere il nuovo post su un argomento estremamente giappico: IL KARAOKE.

Il Karaoke è un luogo tipico di ritrovo e divertimento, al pari di un qualsiasi locale, solo che qui si può cantare.
Passare del tempo in Giappone e non andare al karaoke è sostanzialmente impossibile, perché andarci è tipico quasi al pari del Sensoji, i Sakura in fiore e il sakè (per la cronaca: la parola "saké" vuol dire solo "bevanda alcolica", quello che intendiamo noi per saké si chiama in realtà 日本酒, nihon shu, o shyu, non so come scriverlo...).

Ogni città giapponese, dalla più piccola alla più grande, è disseminata di questi affascinanti luoghi, che possono risiedere in casupole dall'aspetto anonimo o in grattacieli a millemila piani. 

Ne esistono svariati, per tutti i tipi di tasche: dai buchi fatiscenti con una tariffa oraria irrisoria ai buchi meno fatiscenti, con stanze davvero insonorizzate e tariffe decisamente più alte (e con l'obbligo di ordinare qualcosa da bere dal loro menù personale, che di solito ha prezzi proibitivi); alcuni contano poche e strette stanze, altri, (dalla modica tariffa di 900 yen per 2h e mezza) contano decine e decine di stanze arredate in vari stili, con corridoi fiabeschi, repertori nuovissimi, maracas in dotazione e bagni principeschi. 

Solitamente non vi si può introdurre cibo dall'esterno, però lo si fa comunque, nascondendo cibarie e lattine di birra in ogni anfratto. Nessuno vi controlla, in ogni caso, ma potrebbe esserci il rischio, se ci si trova in un Karaoke serio e costoso, che il cameriere addetto ad esaudire le vostre richieste si accorga che sul tavolo della vostra stanza c'è del cibo non presente nel listino; non che i giappi vadano su tutte le furie, e nemmeno che si arrabbino con un prezioso お客様 (ospite), ma assumeranno una certa aria stizzita e finiranno per cacciarvi.
In altri posti, molto più alla mano, questo non succede.
Ad esempio, vicino alla nostra università, esiste un posto chiamato Midori, un karaoke economicissimo, una manna per le nostre tasche, e la proprietaria che ci vede arrivare con borse della spesa cariche di cibarie non fa una piega. Basta che paghiamo la stanza e tutto è concesso, anche rompere il muro con un pugno...
Ehm...
Andiamo avanti.

Il repertorio è abbastanza variegato. La vastità dipende ovviamente dal grado di figaggine del Karaoke. Tanto più è figo, tanto più sarà fornito di canzoni di ultimissima generazione, sigle di anime, canzoni Disney, il tutto in ventordici lingue diverse comprendenti il Thai, il Vietnamita e il dialetto di Osaka. 
No, scherzo, il Thai e il Vietnamita non ci sono. Nessuno vorrebbe sentire una canzone in Thai...
<.<   >.>   <.<

Sebbene il repertorio sia abbastanza vasto, di solito si cantano sempre le solite canzoni, divenute ormai "proprietà" virtuale di una certa persona, oppure parte di una specie di rito da Karaoke, dove si segue sempre una certa scaletta iniziatica in scala crescente di idiozia.
I brani si scelgono tramite degli aggeggi che somigliano a dei telecomandi tuch-screan che vengono sequestrati dai più rapidi di mano e tenuti in ostaggio fino a che le canzoni sacre non sono state tutte scelte. Poi vengano gli altri. Di solito, comunque, a questo punto la "scaletta" (ovvero il numero di canzoni che si possono scegliere) è pienoa e chiunque voglia variare dallo schema deve rassegnarsi ed aspettare.
Qui di seguito allego un link dei brani più eseguiti in assoluto:

http://www.youtube.com/watch?v=fV4DiAyExN0 The Reason

http://www.youtube.com/watch?v=Vx7BTrS2gRc Memeshikute

http://www.youtube.com/watch?v=SeIJmciN8mo Starships

http://www.youtube.com/watch?v=0Gl2QnHNpkA As long as you love me

http://www.youtube.com/watch?v=ZyhrYis509A Barbie Girl

http://www.youtube.com/watch?v=vx2u5uUu3DE It's my life

http://www.youtube.com/watch?v=qYoqtMfIJ4g Kasa ga nai

E poi ce ne sono tante altre! Tipo la sigla degli "Uta no prince sama", svariate dei Linking Park, Skyfall, etc. Magari potrei scriverle in altri post mano a mano che mi vengono in mente.

Ovviamente il testo viene proiettato tramite un apparecchio audiovisivo. Anche questi ultimi variano a seconda della fighezza del Karaoke. Passiamo da televisori con tubo catodico a schermi piatti giganti. La cosa più divertente, però, sono i video che accompagnano le parole della canzone. 
Nei posti fighetti il video corrisponde effettivamente a quello del brano che stai cantando, in altri invece i video non c'entrano proprio niente. Sono in puro stile "nonsense anni 70", con gente vestita in modo improbabile, dalle capigliature improbabili e dalle espressioni facciali improbabili. Sospiettiamo che siano vecchi video giapponesi comprati a poco e mandati come sfondo alle canzoni solo per non lasciare il suddetto sfondo in bianco. 

Per finire in bellezza cito la puzza di fumo
Qui in Giappone si può fumare all'aperto solo in alcune zone apposite e dentro i ristoranti e i locali più grandi in generale ci sono le zone fumatori e le non fumatori, accuratamente divise. Però nei Karaoke, nei nomihoudai e nei bar dove circolano gli studentelli come noi, generalmente questa divisione non esiste, tutti fumano tranquillamente all'interno di stanze piuttosto piccole e il risultato è una persistente puzza che non lascia gli abiti neanche dopo averli lavati.
Ora, non che le lavatrici di qui siano eccezionali; qui in Giappone si lava tutto a 30 gradi, non di più, quindi probabilmente avrei più risultati lavando le cose a mano sotto l'acqua del lavandino.
Ma che sia o che non sia, oramai diciamo che il fumo giappico è un fumo ninja, che si attacca ai capelli, ai vestiti e alla pelle e non lo stacchi più. Anzi, per dirla come mi scrisse Matilda nel darmi il suo saggio suggerimento: "La persistente puzza dei karaoke, che ti si attacca addosso e non ti molla più per almeno una settimana, ovvero quando ci ritorni".

Se ho dimenticato qualcosa, prego a chi è del mestiere di farmelo sapere.

じゃね~

P.s: per foto inerenti all'argomento, consiglio Facebook.













martedì 18 giugno 2013

さすが me, in effetti, iniziare un blog ora, ad un mese e mezzo dal ritorno in Patria. Però, ecco, nel bel mezzo di una serata indolente, degno seguito di una giornata indolente, mi sono detta che dovevo fare qualcosa di nuovo; detto fatto, dopo aver scelto un titolo random ho registrato un indirizzo random e creato un blog random.

E quindi ecco qua! Un blogguccio inutile nuovo di pacca, che tenterò di riempire con qualche storiella simpatica.

Dopotutto l'avevo promesso, un blog di viaggio. Se ancora vale il principio del "meglio tardi che mai", sono a cavallo.

Dai, adesso provo ad iniziare.


Dunque, sono partita dall'Italia con una bellissima Moleskine, in edizione limitata per l'uscita de Lo Hobbit: copertina marrone con uno Smaug in bassorilievo lucido tono su tono. Una delizia. 
Sulla prima pagina, all'epoca dell'acquisto, ci avevo scritto un paio di battute tratte dal film che mi sembravano particolarmente attinenti all'esperienza che mi accingevo a compiere di lì a pochi mesi. Il dialogo era questo:

"You'll have a tale or two to tell when you come back"

"Do you promise that I will come back?"
"No. And If you do, you'll not be the same".

Ora, io non mi sono messa in viaggio per andare a conquistare la Montagna Solitaria e penso proprio che tornerò, però dai, ammettiamolo, questa citazione ci sta tutta. 

Anche solo per dare un'aria epica a questo viaggio, che un po' se lo merita. E poi una storiella o due da raccontare ce le ho.

Da dove iniziare, dunque?


Ad esempio dal TEMPO DI MERDA

Si, perché dopo il freddo porco che ci ha inseguiti fino all'altro ieri è iniziata la fantomatica stagione delle piogge. Non che piova tantissimo, per ora, ma ai fastidiosi rovesci si accompagna una maledetta, soffocante umidità. 
Neanche Venezia nei suoi momenti peggiori riesce ad essere umida come una giornata qualsiasi giapponese; cose che sudi solo a pensare, solo a respirare. E non scherzo.
Figuriamoci poi se il frigo è vuoto e abbisogni di fare la spesa. Figuriamoci poi se il supermercato è ai piedi della collina, un chilometro in basso. Figuriamoci poi a risalire portando le borse a mano e lo zaino pieno, magari sotto una pioggerellina calda vaporizzata. Figuriamoci...

Se poi non è così caldo, allora  è freddo. Nel senso che se vai in giro scoperto hai freddo, se ti copri sudi...

@.@
Come diremmo noi qui: MA QUINDI?!

GLI INSETTI:

Con la stagione delle piogge arriva anche la stagione degli insetti, tra i più grandi e fantasiosi che mi sia capitato di incontrare.
Zanzabellule, farfalle, falene, cosini tondi che non riescono a librarsi in volo, cosini tondi che invece strisciano, bruchi pelosi, insetti dalle ali rosse, geki, e poi loro, i protagonisti assoluti: i ragni (tra i più grandi e brutti che io abbia mai visto), scolopendre (verdi, marroni, rossastre, nere, che arrivano non si sa da dove e spariscono non si sa bene come) e i コキブリ, gli scarafaggi. Il dormitorio ne è invaso.
Sono loro i veri protagonisti. Sono ovunque, si infilano ovunque ed escono quando meno te lo aspetti. 
In questi casi meglio procurarsi una coraggiosa Thai che ti liberi dell'indesiderato visitatore.




L'ARIA CONDIZIONATA:

Se fuori fanno 30 gradi che con l'umidità al 200% sembrano 44, dentro ai negozi bisogna mettere il maglione.
Giuro.
L'escursione termica potrebbe ammazzare un vecchietto, o un infante.

Stessa cosa mentre facciamo lezione. Le classi stanno al quarto piano dell'edificio e se si aprono le finestre entra una piacevole brezza che rinfresca l'ambiente; ma non è abbastanza e quindi adesso nelle classi fa freddissimo mentre in corridoio si boccheggia. Mi pare logico.

LE DISCUTIBILI ABITUDINI ALIMENTARI:

Se la vita di uno studente in trasferta è alimentarmente sfasata, la vita di uno studente in trasferta in un dormitorio giapponese lo è di più. 
Prima di tutto, il Giappone non è un posto da vegetariani. La verdura costa come un occhio della testa e fa fondamentalmente...schifo. O meglio, è senza sapore. L'insalata, le carote, i pomodori, è tutto discutibilmente anonimo.
Ancora peggio la frutta. Le arance sono dolciastre e senza personalità, le mele sono acqua zuccherata insapore.
La carne è un lusso da permettersi solo quando al supermercato fanno gli sconti.
Di conseguenza la varietà alimentare di cui si può godere è molto ristretta e la dieta ne risente.
Ramen istantaneo, udon da fare in padella in due minuti, insaporitori, qualche verdurina, pan carré, marmellata, insalata, pomodorini, zucca, qualche cetriolo, pesce ogni tanto...e poi riso. Oh si. Un sacco di riso. Qui, scherzando, diciamo che se nell'armadietto hai del riso significa che hai colazione, pranzo e cena. Ed è vero. Io ci aggiungerei anche la merenda. E lo spuntino delle 11. 
Sto sviluppando una dipendenza da riso.
E sto ingrassando.

La pasta si fa solo in occasioni speciali, a mo' di pranzo della domenica, ma da quando l'abbiamo cucinata per l'Italian Day tutti la vogliono. Oh si. E questo perché qui in Giappone la pasta non si può definire tale. Basti sapere che molti la cucinano con il ketchup pensando che sia la ricetta originale, alcuni ci aggiungono il tabasco pensando che sia la tipica ricetta napoletana, altri prediligono il gusto "クリム", cream, crema, ovvero crema di latte. 

Dialogo tipico:
"Ma voi non la fate la pasta con la crema?"
"No"
"Oh!"
-.-''

Ah, una menzione speciale ai dolcetti dai gusti improbabili e dall'apporto calorico esorbitante.

Sembra che qui abbiano la passione per gusti come il melone, il frutto della passione, il té verde, la fragola, gli oreo, l'uva. Con questi gusti producono qualunque cosa, dai biscotti alla fanta alla coca-cola. Però trovano il formaggio troppo saporito e non riescono a mangiarlo. Valli a capire...


Tentativo di pasta al ragù: non male.


Termino dunque questo primo, pointless, post. 

Chissà che non invogli qualche malcapitato e sprovveduto lettore a seguire questo blog, sempre che io riesca a tenerlo aggiornato d'ora in poi. Beh, ci proverò, giuro che mi ci impegnerò!

じゃね~